lunedì 7 giugno 2010

HIGH TECH, SERVITORE DI DUE PADRONI. 'DALLA SINDROME DA I-PHONE ALLA SUPERFICIALITA' DELLE RELAZIONI VIRTUALI DI MASSA' (PARTE SECONDA) di Caterina Carloni.

L’utilizzo sempre più esteso del computer per lavoro, passatempi come i videogame e attività sui social network sono una delle cause principali dell’epidemia di obesità che sta flagellando i Paesi sviluppati. Ma non per l’inattività fisica – o almeno non solo - bensì per gli effetti del computer sul cervello. Lo sostiene la prestigiosa Royal Institution of Great Britain, la più antica accademia di ricerca scientifica pubblica del mondo. La baronessa Susan Greenfield, direttrice della Royal Institution, sostiene che l’utilizzo costante del computer ‘infantilizza’ il cervello rendendogli più difficile imparare a superare le difficoltà e gli errori: “Quando un bambino cade da un albero, impara subito a non ripetere l’errore, mentre se uno sbaglia durante un videogame, semplicemente continua a giocare. La parte del cervello coinvolta nell’attenzione, nell’empatia e nell’immaginazione – la corteccia pre-frontale – potrebbe non svilupparsi correttamente nei bambini troppo informatici” minaccia la Greenfield. “E poiché negli obesi questa zona cerebrale è spesso poco attiva, il legame tra uso eccessivo del computer e obesità potrebbe essere a livello cerebrale, producendo meno percezione del rischio, più abuso di junk-food e stili di vita poco salutari(1)”. Un nuovo studio pubblicato da un professore di psicologia statunitense pone l'accento su quello che ritiene essere un vero e proprio profilo clinico: quello del gamer patologico. La ricerca è stata effettuata presso il “National Institute on Media and the Family” e ha decretato che almeno uno su dieci intervistati presenta veri e propri sintomi patologici che vanno ben oltre la semplice dipendenza, arrivando a modificare profondamente l'individuo sia a livello sociale, sia caratteriale. Lo studio, eseguito analizzando le risposte date da 1.178 giovani utenti di età compresa tra 8 e 18 anni, ha identificato una percentuale pari allo 8,5% degli intervistati come "gamer patologici", cioè vittime di ben sei sintomi dichiarati patologici dal DSM II, ovvero: rilevanza (l'attività videoludica tende a dominare la vita dell'utente), euforia (sollievo nell'atto videoludico che permette di accantonare sensazioni spiacevoli), tolleranza (il prolungarsi anche in intensità dell'esperienza nel tempo), astinenza (l'individuo tende ad essere irrequieto o insoddisfatto se non può giocare), conflitto (l'attività tende ad essere in conflitto con le attività quotidiane, come studio, relazioni interpersonali) e, per finire, reticenza (il gamer patologico tende a continuare a giocare anche in presenza di espliciti divieti o di astinenza autoimposta). Douglas Gentile, docente di psicologia presso la Iowa State University e responsabile dello studio, commenta: "La dipendenza dai videogiochi può costituire una vera e propria forma patologica che arreca danni alla funzionalità dell'individuo". Quanto ai benefici, gli studi sull’High Tech sono ancora agli inizi e necessitano di ulteriori conferme. Ad esempio, è stato da poco messo a punto un nuovo software riabilitativo per persone colpite da lesioni cerebrali chiamato COG.I.T.O., finanziato dalla Fondazione CRT, promosso dalla Fondazione ASPHI Onlus ed ideato da neuropsicologi e logopediste del Presidio Sanitario San Camillo di Torino. Il software, presentato per la prima volta in Italia il 15 ottobre 2009, in occasione di Beyond Paralympics, la settimana voluta da Fondazione CRT per parlare, confrontarsi, proporre iniziative a sostegno delle persone disabili, è a disposizione in forma gratuita open source e distribuito con licenza copyleft, scaricabile direttamente dal sito web. In un numero speciale della rivista “Cyberpsychology, Behavior and Social Networking”, sono stati pubblicati vari studi sull'uso della realtà virtuale come terapia psicologica per rimuovere le cicatrici di un trauma - per esempio gli effetti traumatici di un terremoto. “La realtà virtuale”, ha spiegato Brenda Wiederhold, direttore della rivista, “immerge il paziente che soffre di stress post-traumatico in un mondo fittizio dove la persona rivive in modo controllato il trauma. Gli stimoli virtuali riportano alla mente del paziente l'evento traumatico in cui e' rimasto coinvolto, fino a che l'individuo, magari agendo attraverso il suo avatar, impara a non associare più quegli stimoli a qualcosa di terrificante e ansiogeno, riuscendo a liberarsi dalla paura anche nel mondo reale”.“COSPATIAL”, un progetto europeo appena avviato, coordinato dalla Fondazione Bruno Kessler (FBK) di Trento, dedicato alla messa a punto di tecnologie collaborative per la promozione dell’apprendimento di competenze sociali da parte di bambini e ragazzi con sviluppo tipico o con autismo, sta tentando di creare strumenti tecnologici per favorire lo sviluppo di competenze comunicative nei bambini e contribuire allo sviluppo cognitivo e sociale in generale, venendo in particolare incontro alle grandi speranze dei genitori dei bambini autistici. In particolare, COSPATIAL si indirizza verso due tipi di tecnologie che in studi precedenti hanno mostrato buone potenzialità nel migliorare le abilità sociali: ambienti collaborativi virtuali e superfici attive condivise.

(1) Macrae F. 'Do you have Facebook flab? Computer use could make you eat too much, warns professor'. Daily Mail 15/05/2009.

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